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Euribor a un mese all’1%.
Il tasso interbancario continua a scivolare e oggi, martedì 14 aprile, ha toccato una soglia psicologica importante, destinata con tutta probabilità a essere abbattuta al ribasso nei prossimi giorni. E come era altrettanto prevedibile gli italiani tornano a guardare con grande interesse i mutui variabili, le cui rate sono ancorate proprio al bizzoso parametro interbancario. In base alle più recenti rilevazioni del broker Mutuionline, il 42,2% delle famiglie in procinto di contrarre un nuovo prestito casa nei primi tre mesi del 2009 ha richiesto il tasso variabile. Il fatto che soltanto il 26,4% lo abbia poi ottenuto non deve trarre in inganno (l’iter richiede tempo, e molte richieste giungeranno a compimento soltanto nei prossimi mesi), perché l’inversione di tendenza è chiara. Soltanto lo scorso autunno, quando gli Euribor viaggiavano oltre il 5%, di variabile non se ne voleva più sentir neanche parlare e tre italiani su quattro sceglievano il fisso.
Adesso la situazione sembra dunque cambiare di nuovo, anche perché scegliendo un variabile anziché un fisso si possono nell’immediato risparmiare circa 100-130 euro (10-25%, a seconda della durata del contratto) su un prestito da 100mila euro. Chi si accinge a stipulare un nuovo mutuo deve però evitare di farsi ingannare da tanta convenienza: gli euribor potranno scendere ancora (specie se la Bce taglierà nuovamente il costo del denaro ora all’1,25%) a breve, ma torneranno inevitabilmente a salire nel momento in cui la crisi economica e finanziaria sarà superata. Se non si vuole incorrere negli stessi errori di chi ha acceso mutui a tasso variabile vantaggiosi nel periodo 2004-2005 (quando gli Euribor erano scesi all’allora minimo storico attorno al 2%) salvo rimanere poi spiazzato dai rincari del 2007-2008, occorre dunque valutare la scelta con estrema attenzione.
L’elemento in grado di fare la differenza, oltre alla difficilmente quantificabile propensione al rischio (o voglia di tranquillità) di ciascuno, è il reddito a disposizione del nucleo famigliare. Le banche sono in genere propense a concedere mutui le cui rate (mensili, trimestrali o semestrali) non superino per valore un terzo delle entrate del sottoscrittore. Ma come tutte le regole, anche questa deve essere applicata con un minimo di analisi, soprattutto in chiave prospettica: se è vero che col tempo gli stipendi sono destinati ad aumentare (specialmente se a stipulare il mutuo è una persona giovane e all’inizio della propria carriera lavorativa), è anche vero che il rapporto rata/reddito deve ragionevolmente tener conto di possibili incrementi della rata.
La regola del “terzo”, in altre parole, può essere appropriata per chi contrae un mutuo a tasso fisso, la cui rata è certa fino al termine del piano di ammortamento, lo è un po’ meno per chi sceglie il variabile, a maggior ragione in questo periodo di tassi ai minimi storici. Tanto per fare un esempio pratico, chi stipula oggi un prestito ventennale da 100mila euro ancorato all’Euribor 3 mesi (+spread 1,2%) versa 537 euro al mese che potrebbero però trasformarsi in 750 euro nel caso i tassi interbancari tornassero sui livelli massimi dello scorso ottobre: un rincaro del 40% (che può salire fino al 60% se il mutuo è trentennale), in grado di mettere in difficoltà molte famiglie.
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